Al via l’anno canoviano

Sgarbi a Possagno: “Le celebrazioni passeranno da Ferrara. Sarà un secondo rinascimento”

Data:

17/10/2022

Un'immagine generica segnaposto con angoli arrotondati in una figura.

Le celebrazioni canoviane - a 200 anni dalla scomparsa di Antonio Canova, massimo esponente del neoclassicismo - passeranno da Ferrara. Lo ha annunciato Vittorio Sgarbi ieri con l’assessore Marco Gulinelli a Possagno - paese natale dell’artista e sede della sua casa museo e del suo ‘pantheon’, il tempio canoviano - avviando il ciclo di eventi legati alla ricorrenza.

 

Un avvio che ha registrato la presenza di centinaia di persone giunte nel centro veneto per assistere alla lectio magistralis del celebre storico dell'arte, che è presidente della Fondazione Canova e della Fondazione Ferrara Arte (Qui il link). Cuore della tappa ferrarese delle celebrazioni canoviane - ha anticipato Sgarbi - sarà la figura del nobile, bibliografo e scrittore Leopoldo Cicognara, nato proprio a Ferrara (il 26 novembre 1767), e che di Canova fu biografo. Di Cicognara palazzo Schifanoia conserva una scultura in marmo, realizzata proprio dal maestro neoclassico (e terminata dall’allievo Rinaldo Rinaldi), con una copia in gesso anche alla biblioteca Ariostea.

 

“Questa settimana abbiamo inaugurato ufficialmente l’anno canoviano", la cui annualità - ha spiegato Sgarbi - parte con la ricorrenza della scomparsa, il 13 ottobre. "Dopo la mostra realizzata a Bassano del Grappa (che con Possagno condivide il lascito testamentario canoviano, la mostra celebra la 'Maddalena giacente' realizzata alla fine della vita del genio veneto, ndr) e quella del Mart di Rovereto (‘Canova tra innocenza e peccato’), il centenario ‘deflagra’ e faremo anche una mostra a Ferrara. Figura centrale di questo appuntamento sarà Cicognara, autore di una storia della scultura e di una biografia molto importante, la personalità che ha meglio inteso Canova e lo ha guardato come un fratello”.

 

“La sua scultura a palazzo Schifanoia è trionfante”, ha sottolineato Sgarbi (che ha da poco pubblicato un libro dedicato al grande scultore, “Canova e la bella amata”, La nave di Teseo / Corriere della Sera) -, l'opera 'ferrarese' rappresenta inoltre un ideale legame con la città natale di Possagno, visto che il modello in gesso di quel busto è conservato nella Gypsotheca canoviana del Comune veneto e - come fa notare lo storico dell’arte Lucio Scardino - dialoga con un analogo modello dell’autoritratto di Canova - “a sottolinearne il legame, come se fossero due fratelli in arte”.

 

Anche la copia del testamento (redatto a Venezia, il 20 aprile 1833), con cui Cicognara lascerà alla "Biblioteca pubblica di Ferrara" questa opera (insieme ad altri documenti), è conservata alla biblioteca Ariostea. E lo stesso luogo conserva anche una lettera manoscritta di Canova, firmata e datata. Nel corso del suo intervento al ‘Pantheon’ di Possagno Sgarbi ha sottolineato che Canova è “il più grande artista di tutti i tempi perché è la sintesi dei maestri di tutti i tempi, di Raffaello, Michelangelo, Mantegna, Palladio”.

 

“Il tempo di Canova è un secondo ri-nascimento - ha detto Sgarbi -. Suoi contemporanei sono i grandi musicisti di tutto l'olimpo musicale più alto, Chopin, Beethoven, Haydn, Schubert,  Gluck. Questo è il rinascimento che Canova rappresenta nella sua identità artistica”. Un rinascimento che sarà anche un riscatto nella storia delle sue celebrazioni, visto che il centenario dalla scomparsa è caduto poco prima della marcia su Roma, nell’ottobre 1922 e che - invece - il bicentenario dalla nascita (1957) è stato segnato dalla iniziale stroncatura che di Canova fece il celebre storico dell'arte Roberto Longhi (che lo definì sprezzantemente "scultore nato morto").

 

I 200 anni saranno anche l’occasione di celebrare non solo il più grande scultore del neoclassicismo, ma anche colui che salvò dalla spoliazione napoleonica molte opere del patrimonio italiano, e un esempio di diplomazia legato alla forza dell’arte, tramite la scultura la Pace di Kiev, commissionata a Canova da un conte russo (Rumjancev) e poi portata dal presidente dell’Unione Sovietica (ucraino di origini) Chruščëv proprio a Kiev. Oggi custodita al riparo dalle bombe, quell’opera è il “segno della sintesi dei due mondi, non della divisione, ma dello spirito comune” e ricorda al mondo  che “anche l’arte, come le persone, si cancella con la violenza della guerra”, e che l’arte è l’opposto della guerra, perché “è vita, è bellezza”.

Altre informazioni

Data pubblicazione

17/10/2022

Aggiornamento

18/10/2022 13:36